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Elvis Costellolandia

Guardavo Elvis Costello, seduta lì davanti – un centimetro da lui e la sua chitarra – allo showcase del Ronnie Scott’s. Notavo come faccia sempre le stesse progressioni d’accordi: il più classico dei do che scende sul la minore mentre gioca con le linee di basso. Mi chiedevo come diavolo ci riuscisse, come può dare ogni volta un suono diverso alle idee più semplici e renderle così terribilmente affascinanti. E quei passaggi spudoratamente rubati ai Beatles, inseriti qui e là, lucidati e rivestiti dentro un altro sound, il suo. Infine la voce, da brivido alla schiena, unico vero collante della miriade di generi che Costello ha attraversato in 30 anni e passa di carriera.

National Ransom è uno dei suoi dischi migliori da molti anni a questa a parte. La titletrack fa abbastanza schifo ma se è il pezzo da pagare prima di arrivare alla melanconica teatralità di Jimmy Standing in the Rain, ben venga. Pezzo meraviglioso, e non è l’unico delle nuove 15 canzoni. Sentirle in versione unplugged con lui che mi vomitava addosso la raffica di emozioni nascoste dentro, è stato indimenticabile. Anche l’intervista è stata un tick nella lista di cose da fare prima di morire. Purtroppo non ho potuto guidarla dove volevo perché ho dovuto dividerla con altri due giornalisti belgi; ho bisogno di un face to face per tirare fuori tutto dalla persona che ho davanti (anyway, questo è il link del pezzo per il Secolo XIX). Leggendo una recensione dell’intimissimo show, scopro che tra i presenti c’era anche Roger Daltrey, goddamit, sarei andata volentieri a salutarlo se l’avessi visto e non fossi stata così impegnata con nachos e vino.

Fortunatamente, Elvis, non si è arrabbiato quando ha notato che ho spudoratamente copiato la montatura dei suoi primi occhiali. Sean Lennon li ha invece copiati a me, ha voluto glieli facessi fare uguali dal mastro occhialaio perugino di fiducia, ho qui il pacchettino pronto da spedire. Mi sembra una giusta vendetta dopo avere copiato gli occhialini tondi di suo padre per anni e anni.

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