Hard Macca Rock Calling

Ma come, ancora Sir Paul? Sì, ancora lui. E’ la decima o undicesima volta che lo vedo in concerto, non so, ho perso il conto. Stavolta però avevo una scusa: giornata di sole splendida al parco e mio fratello in missione dall’Italia, è stato lui a portarmici con la forza e le minacce. Ok, non proprio. La verità è che non so a resistere al Sor Paul. Soprattutto quando segue una scaletta come quella di domenica scorsa, piena di succulente sorprese. La voce non era al pieno della forma, come a dicembre alla O2 arena. Ma è normale: quella di Hyde Park è stata l’ultima tappa del tour mondiale, tre ore filate ogni sera e canzoni che arrivano a note così alte da mettere in difficoltà persino un eunuco.

Apre lo show con la surreale suite di Venus & Mars, dall’omonimo album degli Wings, da cui poco dopo suonerà anche Letting Go. E stasera si lascia proprio andare il Maccone, con i fedeli compari di palco, due nomi su tutti: Abe Laboriel – batterista meraviglia, session men per questo e l’altro mondo, che batte con potenza energumena e raccapricciante precisione – e Rusty Anderson alla chitarra che sa come trattare gli assoli più famosi, rispettandoli  ma allo stesso tempo aggiungendo genialate di suo.

Anche stavolta c’è stata la trafila dei must: The Long and Winding Road, Blackbird, Let it Be, Hey Jude, Live and Let Die, Band on the RunJet, Yesterday (come ultimo encore), seguita dai non-super-must-ma-quasi: All My Loving, Let Me Roll It, Got to Get you Into My Life, Back in the U.S.S.R. Splendide ma prevedibili, quando però attacca la meno celebre Ninteen Hundred and Eighty Five è delirio puro: una cavalcata al piano dal crescendo stellare, roba da perdonargli persino i capelli tinti (quanto stava meglio grigio anni fa!). Subito dopo un’altra sorpresa: Let ‘Em In, sfumata dalla band con una precisione da mixer umani. Su Here Today, come sempre dedicata a John Lennon, è successo il metafisico: un uccello è volato basso da parte a parte del palco, esattamente all’altezza dell’ex Beatle, la cui voce si è spezzata in due mentre il volto strabuzzava gli occhi. E’ passato solo in quel momento, in  quella canzone, durante quelle parole. Mi sono girata dritta verso mio fratello che ha fatto lo stesso con me: non ci siamo detti una parola, è partita solo un’espressione congiunta di sbigottimento e brividi. Indimenticabile.

Poi qualche aneddoto, a Sor Paul piace parlare sul palco almeno quanto autocelebrarsi: alla fine di ogni brano alza le braccia al cielo, contento come una pasqua, con il segno della vittoria (indice e medio alzati) manco fosse un ragazzino dopo la gara di corsa al sacco alla Sagra del Cinghiale Piccionato del paese. E grazie al cielo non la smette mai di cantare: Two of Us, I’m Looking Through You, Eleanor Rigby, una ruvidissima I’ve Got a Feeling, il tributo a George, Something. Inaspettata anche Ram On, dall’abum solista Ram, uno dei più fumati e importanti della storia della musica. Quando inizia A Day in The Life per un micro secondo ho sperato potesse comparire Neil Young a rendergli il favore dello scorso anno, quando Macca si presentò di sorpresa al suo concerto durante lo stesso brano. Con il singalong di Give Peace a Chance si celebra ancora Lennon, mentre sopra di noi c’è un tramonto cobalto e rosa, come non si vede mai da queste parti. Quando annuncia una canzone mai fatta prima dal vivo, sospettavo di cosa si trattasse: Ob-La-Di, Ob-La-Da e che qualcuno mi spieghi come si fa a mettere le mani sul ‘White Album’ ed uscirne con una ciofeca del genere. Il tasso glicemico della serata rimane comunque basso, si limita a My Love, dedicata a Linda (si fotta Gambadilegno) e la nuova Dance Tonight che è piuttosto bruttina, stupida ma anche irresistibile.

Il primo encore si apre con Day Tripper mentre ricordo le sue parole alla conferenza mesi fa: “E’ difficile suonare quel riff di basso e cantarla allo stesso tempo, ci sono sere in cui non me la sento di farla”, ma non questa. Lady Madonna e Get Back lasciano il pubblico ancora più eccitato, l’acquolina alla bocca: siamo tutti lupi assatanati alla ricerca di brandelli di Beatles. Fuochi d’artificio e botti dal palco per Live and Let Die ma il vero gran finale è nel rock sturatutto di Helter Skelter; poi il saluto finale preannunciato dall’arrivo della Gibson Les Paul, con Sgt Pepper’s Reprise (se gli avessero portato il basso Höfner avrebbe concluso con I Saw Her Standing There).

Finito il concerto mi sento un po’ stordita e mi chiedo cosa sarebbe successo se gli avessi dato quella pacca sul sedere quando mesi fa mi stava davanti, col didietro, dopo avermi ribattezzato Ciara. Ma anche alla gerontoflilia deve esserci un limite. Alla beatlemania, invece, no.

PS l’inutile foto qui sopra è l’unica che ho fatto (non esistevano photo pass); visto il risultato ho subito rinunciato.

16 commenti

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16 risposte a “Hard Macca Rock Calling

  1. Gianna

    Grande Ciarina as usual!
    Solo la tua review riesce a fotografare alla perfezione ciò che è stato il meraviglioso concerto di domenica scorsa!
    ..e la pacca sul c…. avresti dovuto dargliela!! così come te l’ho data io ( l’ho fatto per ricordarti che avresti dovuto dargliela assolutamente) Chissà come avrebbe reagito?
    Sui capelli sono d’accordo anch’io. Forse è l’effetto della tintura che lo obbliga a grattarsi sempre la testa?
    😉
    e 1985 da brivido veramente!

  2. Te lo passo solo perche’ alla “beatlemania non c’e’ limite”!
    Fatti l’analisi del sangue e limita gli zuccheri per un po’, ora.

  3. Su Macca non ti seguo, sorry! Continuo a pensare che le sole “Mother” o “God” di Lennon spazzino tranquillamente via 40 anni e altrettanti dischi di Sir Paul… Ma ti voglio bene lo stesso. 😉 F.

  4. io invece non smetto di inchinarmi. E un bella pacca (sulla spalla) al macca la darei volentieri.

  5. Maurizio la spalla mi era più lontana del sedere, giuro! 🙂

    Caro Fab, il Maccone negli anni ha fatto tanta spazzatura, è innegabile, ma un album come Ram??!??!? Ne vogliamo parlare?!?!?!? Ce l’hai spero?

  6. Ce l’ho, ce l’ho e lo trovo tra i migliori assieme al primo, a Band on the Run, Chaos and Creation e Flaming Pie, ma è roba da 6 al 7 mica siamo a livelli di Plastic Ono Band o Imagine, dai… F.

  7. A onor del vero non ho sentito tutto di Paul, ma ho una raccapriccante raccolta del Natale 1987 chiamata “All the best!” e un’altrettanto indecorosa raccolta doppia (perché io sono masochista, sìììììììììì frustami l’udito Paul con “Say say say”!!!!) che si chiama qualcosa tipo “Wingspam”, ma potrebbe anche chiamarsi “Gesualdo”, perché non ricordo bene: l’ho sentita una volta sola e l’ho “archiviata”. (Ha in copertina una ributtante mano in simil-pelle psichedelica su sfondo blu!) Ciuaz! F.

  8. Ecco io sono uno di quelli che ha sempre amato i Wings, anche quando ci sputava sopra mezza critica imperante.

  9. Per dire: in un divertissement come “goodnight tonight” da Back to the egg c’è una mezza enciclopedia della musica leggera mascherata.

  10. Il problema di Paul è che ha fatto davvero tanta roba e dunque ha seminato un po’ di cagate qui e là… la vedo come Diamond e mi sorprende che abbia scelto un brano come Goodnight Tonight… così come può sorprendrmi se a Fab è piaciuto Flaming Pie che io invece ho semiglissato… appunto, troppa roba ha fatto st’omo!

    Fab, credo si chiamasse Gesualdo.

  11. Si può anche vedere al contrario. Ha fatto tante di quelle cose, che qualcuna ottima qui e là doveva starci. Continuo a pensare che, con le dovute (e comunque notevoli) eccezioni, senza Lennon il buon Paul si sia perso.

    • Mr Montag mi par che esageri adesso! Non credo che più si scriva e più ci sia la possibilità di scriver genialate, quelle o vengono o ciccia!

      Anche io sono Lennoniana nel cuore, ma con tutta sincerità: possiamo dire che John, pur avendo una discografia immensamente più ridotta rispetto a Paul, non abbia fatto anche lui le sue cagate?

  12. Ovviamente Chiara io lo dicevo con ironia…Lennon ha fatto le sue cagate, chiaro. Ma quando parlo di Paul non parlo da lennoniano, sia chiaro…è che da Paul (autore sicuramente più fine) ci si aspetta forse sempre qualcosa di più.
    Detto questo, io voglio bene anche a Paul, da buon beatlesiano, e gli perdono anche le cagate.

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