The Promise of Bruce

(Photo: Bruce durante il Q&A alla BFI, Londra 2010. Il cappellino marrone e beige che sbuca da sotto è di Damon Gough…)

C’è poco da fare: l’arrivo di Bruce Springsteen al red carpet del BFI è quello di una star. Con una giacchina di pelle e occhiali scuri per coprirsi dalla mitragliata di flash, posa per i fan e fotografi prima di entrare nella venue dell’evento. Noi siamo già entrati, accanto a me c’è Damon Gough, leader dei Badly Drawn Boy, lo vedo e mi domando: ci dormirà pure con quel cappellino? Un quesito che dopo tre bicchieri di champagne scolati in due nanosecondi, assume una certa importanza. Quando il Boss entra, lo assalgono anche i giornalisti per fargli foto, (odio le paparazzate e non mi presto). Il punto è che lui è uno di quei mostri sacri che piega come burro anche gli addetti ai lavori con mille anni di esperienza. Chi mi legge, sa che non sono affatto una Springsteeniana, ma so riconoscere una leggenda, del passato, ma pur sempre leggenda. The Darkness on the Edge of Town è l’unico album che conosco davvero bene, perché consigliato da un amico fidato.

Siamo qui proprio per questo, la premiere del documentario The Promise: The Making of Darkness on the Edge of Town, 85 minuti di footage ripresi tra il 1976 e il 1978, dentro e fuori lo studio di registrazione. Più qualche recente intervista a Bruce, E Street Band, Patti Smith (riguardo Because the Night ovviamente) e Jon Landau. Lunedì aprirà anche al Festival di Roma. Chiaro: è un film per maniaci musicali o del Boss o entrambi. A me ha fatto impazzire. Mi ha colpito la pignoleria di Springsteen in studio, il modo in cui le canzoni gli apparivano in testa sottoforma di visioni sonore, alle quali intendeva far fede a tutti i costi, sudando sangue. Che dire del suo libro di appunti gigantesco, con tutti i testi e le idee immortalate a penna? Lo conserva tutt’oggi, non ha rovinato nemmeno una pagina nonostante sia uno di quei quaderni ad anelli (che noi comuni mortali in genere sfasciamo dopo 3 secondi). “Guarda a che punto è Racing in the Street!” dice in un’intervista di oggi Bruce, indicando la metà dell’enorme bloc notes. Ed è quello il bello: le dieci canzoni che sono arrivate al cut finale dell’album, erano in principio un miliardo. “Fino all’ultimo non sapevamo quali avrebbe scelto – dice un E street membro (perdono, non ricordo quale) – ma ogni volta che gli dicevamo che un pezzo sembrava una hit e lui non voleva essere rappresentato con quella canzone, decideva di lasciarla fuori”. Ci vogliono due palle tante per fare scelte del genere. Anche Because the Night fa parte di quelle sessioni, lui non era riuscito ad estrapolarne la love song resa da Patti Smith: quel brano è loro figlio.

Interessante anche vederlo alle prese con lo studio, quando era troppo giovane per rendersi conto che tutto è un trade off, proprio come nella vita. Ovvero, se vuoi un suono potente di chitarra devi sacrificare la batteria e viceversa. Lui, invece, voleva tutto e non capiva perché non riusciva ad ottenere quel disco Leviatano che risuonava così bene nel suo cervello. Voleva l’energia live in studio, il Sacro Graal di ogni band che “suona davvero”, se capite che intendo. Darkness on the Edge of Town alla fine è un concept album che ha come temi il crescere ed assumersi responsabilità, il rendersi conto che non si può avere tutto dalla vita, il capire quali siano i compromessi da accettare e quelli su cui non cedere fino alla morte. L’onestà con cui il Boss ripensa oggi a quei momenti di massima ispirazione e ai sentimenti che li guidavano, è quasi commovente. Diciamolo, il documentario è splendido per i filmati vintage che contiene ma è molto serio, lineare, forse manca di climax, soprattutto nella parte finale dell’editing.

Al Q&A compare Bruce, il regista Thom Zymny, Jon Landau e un giornalista (domande scialbe, conversazione moscina purtroppo). E quando Bruce parla non riesco a togliermi di testa l’episodio nuovo di South Park visto la sera prima, in cui gli abitanti del New Jersey, tutti tamarrissimi, diventano una malattia nazionale da eliminare perché minacciano di invadere tutta l’America e il Medio Oriente. Davvero, scusate, come straminchia sbiascica Bruce?!

Per il gran finale della serata si torna nella stanza della reception e pare di essere di nuovo negli anni ’70 (oh come me li ricordo!), quando l’industria musicale aveva pecunia. Non riuscivo a finire un bicchiere di vino che se ne materializzava subito un altro in mano, tartine di sushi, dessert buonerrimi. Ieri sera è stato come uno squarcio nel passato, gran parte delle persone presenti hanno fatto parte dell’entourage di Bruce di anni fa, me lo ha confermato un mio amico (colui che mi ha gentilmente invitata) e che riconosceva un po’ tutti. Lui la nostalgia la tagliava col coltello.

Bruce ormai fa album orrendi, diciamolo. Dal vivo non sa rinnovarsi e per potente che sia, dovrà rendersi conto che non può andare avanti per sempre con le stesse hits di cento anni fa. Ora però, sono io a rendermi conto più che mai quanto debba essere difficile sopravvivere ad album impeccabile come quello e anzi, trovare la forza e l’ispirazione per farne altri buoni. Quando si tocca la perfezione, quando dentro lo studio la E band era come una famiglia, quando battendo le bacchette su un piano, usciva irrefrenabile una melodia, quando il destino ha voluto che fosse il momento giusto per tutti. Quando le cose devono succedere, succedono. Ed è un peccato mortale non afferrare le occasioni della vita. Grazie Bruce per quest’album e per il fottuto hangover di cui mi hai fatto dono oggi.

(il documentario sarà parte del box set deluxe big mac alla modifica cifra di tre milioni di dollari e distribuito dalla Sony).

25 commenti

Archiviato in Uncategorized

25 risposte a “The Promise of Bruce

  1. di tutti i presenti quello che ammiro di più è jon landau

  2. mi sorprendi ogni volta… Penso che perderai qualche amicizia… Ci sarebbe da discutere per mesi su bruce. Fidati c’è molto oltre darkness

  3. Bellissimo pezzo chiarina.
    Ti seguo da un pò e hai definitivamente spazzato via tutti i miei dubbi residui sulla tua scrittura che diventerebbe eccellente solo quando “partigiana”.
    Un male che “affligge” (eh ci son cose peggiori) gran parte della critica musicale nostrana.
    Adesso so che non è così e che puoi essere una big.
    Si sente che il Boss non lo conosci non lo idolatri non lo “mastichi”.
    E nonostante questo sei riuscita a renderlo come forse non riusciva neanche a Massarini, che divenne famoso negli anni ’70 per le recensioni a Bruce.
    Veramente complimenti.
    Poi spero di trovare un tuo futuro topic dove diluire tutta questa mia orrenda melassa….
    🙂

  4. LOL, il berrettino di Damon Gough, lo stesso che indossa da mesi! Anche lo scorso luglio lo sfoggiava, nonostante l’afa 😀 E in effetti portava pure la t-shirt di Born to run…forse è uno dei fan più inaspettati del Boss 😉

    Complimenti per il pezzo, brava 🙂

  5. un tour in solitaria solo piano e voce e un tour con la seeger session band con musicisti fino ad allora semi-sconosciuti… giusto un appunto sul fatto che non sappia rinnovarsi live 😉

    • ciao Spino, l’ho visto live in solitaria a Long Island, mentre Seeger band solo in tv ma mi è molto piaciuto… ciò non cambia che sono anni che con la E street band fa sempre lo stesso tipo di gig…

  6. Maurizio

    The Darkness on the Edge of Town è anche il mio album di Springsteen. Mi prenoto per l’uscita del 16 novembre…

  7. Il tour in solitaria, visto alla Royal Albert Hall, dopo un’ora e mezzo era insostenibile pure per il fan piu’ incallito. E duro’ due ore e mezza.

    Le Seeger session erano efficaci dal vivo ma quello non e’ rinnovarsi e’ appoggiarsi al passato e viverci di rendita

    La e-Street band resta il miglior Springsteen live, ma e’ vero, l’ultimo album ascoltabile e’ Tunnel Of Love, del 1988 quando lo vidi, appunto, con la E-street (e senza little steven, un plus)

    Il mio preferito forse resta The River… ma diciamo che il poker Born To Run –> Nebraska e’ d’assi.

    Quanto al sushi negli anni ’70, dubito a quei tempi usciva fuori dal giappone… sayonara

  8. …quel palco, in effetti sembra un convegno del PCI degli anni 70

  9. Valerio non so cosa tu abbia visto nel 2005… forse era un sosia allora…

    per le Seeger non sono assolutamente d’accordo, era un tributo, una festa e se vogliamo un gran bel rischio perchè ne sarebbe potuta uscire una vaccata enorme.

    Cmq non sono qui a difendere Bruce che per altro ha fatto uscire delle discrete cagate (working e in parte magic) ma dire che si è rinnovato poco quando c’è in giro gente che fa tour identici da mille anni mi sembra un po’ esagerato

  10. Bruce con la E-Street oggi è come i Rolling Stones ma nessuno ha il coraggio di ammetterlo.
    Fanno revival di sè stessi.
    Non a caso il Boss cerca progetti paralleli.
    Li cercassero anche Mick e Keith sarei più contento. Ma sono troppo pigri ormai.

  11. E, parlando da “Boss fan d’antan”, io per working e magic provo una discreta vergogna.
    Quando li vedo tra gli scaffali, per lenire la delusione, tendo sempre a considerarli dei tribute album fatti da sconosciuti.

  12. Sui dischi di studio la penso come Diamond: ultimi due rabbrividevoli. Viceversa mi piace il progetto Seeger Band (e assai), Devils & Dust è un lavoro semi-acustico non da buttare, e poi ho un debole per The Rising, decisamente troppo lungo e con alcuni riempitivi, ma la maggior parte dei pezzi fa parte del novero di brani di Bruce di livello medio-alto, IMO.

  13. Ti sei messa nei casini cara Sally! Allora breve punto su Bruce (in my opinion):
    uno che ama il rock dovrebbe conoscere 4 dischi di Bruce, gli altri se li può anche risparmiare: Born to Run, Darkness, The River e Nebraska (tutti e quattro concept album e non sono i soli).
    Io trovo che anche in altri dischi di Bruce (soprattutto i primi 2) ci siano brani memorabili, ma fondamantalmente il meglio è roba di 30 anni fa!
    Di Springsteen si può dire tutto, ma non che sia un innovatore! Semmai è un bignami! Di rock & soul soprattutto. Personalmente trovo che sia la più grande e perfetta sintesi tra musica nera e musica bianca, più di Hendrix o degli Stones, ma ovviamente è un parere personale.
    Penso sia anche un performer straordinario sul palco, ma anche lì non è un innovatore, semmai un potente istrione. Quando ha “tradito” la E Street Band l’ha fatto con gruppi mediocri (tour di Human Touch e Lucky Town), da solo (The Ghost of Tom Joad) o con un ensemble di very vintage folk (Seeger Sessions).
    Di “innovazioni” ne ha avute pochine e discutibili come “57 channels” o “The streets of Philadelphia” eppoi sono limitate al suo orticello e non alla musica in generale.
    Fondamentalmente l’ho visto molte volte in concerto perché sebbene non mi stupisca più e mi emozioni solo quando fa cover o brani “secondari” del suo repertorio ha la capacità di sorridere quando canta e comunica col pubblico. Probabilmente ci saranno sere che vorrà farsi massaggiare i piedi invece di stare su un palco, ebbene TU CHE HAI PAGATO IL BIGLIETTO NON TE NE ACCORGI! E in questo quella faccia da culo (con tutto il rispetto) triste e annoiata di Dylan ha tutto da imparare!
    Concludo perché ho già rotto abbastanza le palle. Il cofanetto lo comperò e mi procurerò anche il padellone di “The promise” perché ha una copertina stupenda, ma fondamentalmente dopo 25 anni mi sembra di aver chiuso con il rock. Non trovo più stimoli e novità anche tra le splendide cose che proponi tu, Sally, su questo blog e ora mi dedico alla contemporanea e al jazz quindi mi sa che, per vostro sollievo, scriverò sempre meno su questo sito. Un caro saluto.

    Fabrizio

    PS: Dopo 17 anni non ho più rinnovato l’abbonamento al Busca quindi, sorry, ma non ti leggerò più Sally. Non sopporto più di sapere dove è andato Giazzi (ma che lavoro fa?) o quale sono i dosaggi millimetrici “senza ombra di dubbio” delle recensioni di Carù. Adesso mi doso io. 🙂

  14. Vecchia storia Diamonddog. Sul sito del forum italiano di Tom Waits Chiara era solita firmarsi Sally e lì ci siamo “incontrati”! Ciao. Fabrizio.

  15. Working e Magic soltanto? no perche’ Human Touch, Lucky Town, The Rising sono begli album? Sono Album?

    concordo con Fabrizio, quei 4 album Born to run –> Nebraska sono la summa del boss. Poi c’e’ Born in the USA che pur visto come coatto in italia ha un suo perche’ e qualche cosa piu’ raffinata in Tunnel Of Love, quando little steven si tolse dalle palle.

    Ho amato lo springsteen solista su album, da Nebraska a The Ghost of Tom Joad e in parte Devils and Dust, ma al concerto alla Royal Albert Hall non ce la facevo piu’.

    Mick e Keith sono troppo cazzaroni per potersi dedicare a progetti paralleli pur un minimo seri… loro sono l’essenza del rock’n’roll disimpegnato

  16. Quoto diamond:

    “Bruce con la E-Street oggi è come i Rolling Stones ma nessuno ha il coraggio di ammetterlo.
    Fanno revival di sè stessi”.

    I Rolling Stones dal vivo mi hanno messo una tistezza quasi raccapricciante.

    Non tolgo nulla all’importanza che il Boss abbia avuto e mica ho detto che Darkness è il solo bel disco che ha fatto! Ma è davvero difficile andare avanti così tanti anni e continuare ad avere cose da dire. Ci riescono in pochissimi.

  17. @ Valerio: The Rising è un album? Sì, per me sì. Tolti 3-4 brani riempitivo, per il resto trovo che ci siano canzoni favolose. Foss’anche solo Per You’re Missing e Waitin’ On A Sunny Day.

  18. Che bello vedere qualcuno che non parla bene del Boss “a prescindere”… 🙂

  19. Personalmente apprezzo chi esprime delle critiche a ragion veduta e non a prescindere, indipendentemente dal fatto che si tratti di Springsteen, Lanegan, Nick Cave, Pj Harvey, Antony & The Johnsons o chichessia. E anche chi è in grado di vedere la musica e il musicista al di là dello stereotipo o del personaggio. Sto parlando in generale, specialmente dopo aver leggiucchiato certi dibattiti sui forum di certe riviste musicali (nun faccio nomi :P).

  20. Beh mi sembra giusto che dopo tutte le critiche fatte qui al Boss, appena intervengo io si debba subito puntualizzare sulle ragioni vedute e sul vedere oltre gli stereotipi… 🙂

  21. Perchè Springsteen si presta bene a questo discorso. Così come, per dire, uno come Antony. Lanegan, Cave e PJ Harvey sinceramente li ho sparati a caso.

Scrivi una risposta a ciocco72 Cancella risposta